Narcos, la serie che racconta della lotta di due agenti della DEA, Steve Murphy e Javier Peña, contro il signore colombiano della droga Pablo Escobar, è quasi pronta a tornare su Netflix con la sua seconda stagione, che andrà online nel 2017.
Guardandola si ha spesso l’impressione di essere di fronte a un documentario ed è proprio quella l’atmosfera che pervade la serie. I creatori si sono avvalsi della preziosa consulenza dei veri Javier Peña and Steve Murphy (nella serie è lui il narratore), gli agenti della DEA che si sono occupati del caso Escobar. Anche con il loro aiuto, però, resta sempre una storia “ispirata a”. Pur avendo indagato sul narcotrafficante più potente dell’epoca anche i due agenti erano infatti solo degli spettatori, seppure con un posto in prima fila. Ecco allora cosa c'è di vero e cosa invece si allontana più dalla realtà.
Gli inizi
Nato da una famiglia contadina, dopo essersi dedicato al furto di lapidi, automobili e al contrabbando di elettrodomestici, Pablo Escobar (interpretato nella serie da Wagner Moura) è arrivato arrivato a controllare l’80% del traffico di cocaina mondiale. Tutto vero, ma all’inizio della serie ci viene presentato come già a capo di operazioni di contrabbando. Nella realtà, lui e il cugino Gustavo Gaviria lavoravano per un boss di nome Alfredo Gomez Lopez e avevano il compito di assicurarsi che la polizia non intralciasse i suoi traffici. È stato lo stesso Lopez a introdurre Escobar alla mondo della cocaina.
La ricchezza
Alcune delle cose che potrebbero sembrare decisamente sopra le righe sono in realtà vere, come il soprannome di "Robin Hood di Medllin" guadagnato da Pablo Escobar per le sue opere di beneficenza, costruendo scuole e ospedali. Si offrì persino di pagare il debito pubblico colombiano, intorno ai 10 milioni di dollari, per salvarsi dall’estradizione negli Stati Uniti e lo stesso figlio di Pablo Escobar ha raccontato che gli elicotteri facevano effettivamente parte del parco di mezzi di trasporto a disposizione della famiglia. Anche se non sappiamo con certezza se usasse fuggire a destra e a manca in elicottero come nella serie, sappiamo per certo che all’epoca guadagnava, è stato stimato, una media di più di 400 milioni di dollari a settimana. Nel 1998 Forbes lo inserì davvero al sesto posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo.
L’arresto
Un altro capitolo della storia del narcotrafficante che si è svolto in maniera leggermente diversa è il suo arresto. Gli uomini che si sono occupati della confisca del camion non lavoravano per lui, ma rifiutarono invece la mazzetta che lui gli offriva, arrestando Escobar, suo cognato, Gavira, e altre cinque persone per contrabbando e per aver cercato di corrompere un ufficiale di polizia. I due poliziotti sono stati poi uccisi di fronte alle proprie case.
M-19 e la spada di Simón Bolivar
Il movimento di guerriglia M-19 non ha certo deciso di rapire Martha Nieves Ochoa Vasquez, sorella dei fratelli Ochoa, dopo aver letto degli articoli relativi ai narcos su Forbes. La rivista ha effettivamente scritto dei narcotrafficanti, ma solo sei anni dopo il rapimento, nel 1987. Un elemento della storia di Escobar e dell’M-19 sembra però essere reale. L’organizzazione potrebbe effettivamente aver consegnato la spada di Simón Bolivar a Pablo, stando al libro scritto da suo figlio (Pablo Escobar, Mi Padre), e averla chiesta indietro nel 1991 quando stava cercando di ricucire le relazioni col governo colombiano a cui la spada è tornata nello stesso anno.
La “santità” di Pablo Escobar
Nella serie ci viene mostrata l’adorazione dei ceti più poveri nei confronti di Pablo Escobar, tanto grati da allestire altarini in casa con la sua immagine. Ancora oggi, nella realtà, la sua figura è circondata da un alone di santità. Con un governo come quello colombiano che faceva del monopolio del potere e della violenza una ragione sufficiente per uccidere o imprigionare chiunque lo criticasse, non è poi così difficile capire come possa essere successo. Escobar amava davvero i poveri di Medellin e per loro costruiva parchi e scuole. Basti sapere che a Medellin sorgevano molte baraccopoli, spesso situate di fianco a discariche. Una di queste fu visitata da Escobar, quella di Moravia, e il narcotrafficante, colpito dalla miseria degli abitanti, decise di fondare un programma chiamato “Medellin sin tugurios”, tramite il quale costruì centinaia di case. Ad oggi il quartiere ha il nome di “Barrio Pablo Escobar” ed è abitato da più di 12.700 persone.
La sua folle vita è lo spunto di partenza per la serie tv dedicata ai più celebri narcotrafficanti che da sabato 16 novembre arriva in prima tv in chiaro
Arriva in streaming la terza stagione della serie tv dedicata alla guerra del narcotraffico in Sud America. Senza Pablo Escobar, ma da oggi con più Pedro Pascal
La serie di Netflix si prepara a tornare dopo l'estate, anche senza Pablo Escobar. Con Javier Peña (Pedro Pascal) in lotta con il cartello di Cali e nuovi personaggi (di cui uno è interpretato da Manuel Angel Silvestre)