Sex Education: la serie che parla (bene) di sesso, non solo agli adolescenti
Già disponibile in streaming su Netflix, è una serie tv pensata e scritta per i ragazzi e si è imposta grazie al passaparola. Nel cast anche Gillian Anderson
Nella sua prima lettera agli azionisti del 2019, Netflix prevede che Sex Education, la serie tv creata da Laurie Nunn, sarà vista – nelle prime quattro settimane dalla sua diffusione, quindi dall’11 gennaio – circa 40 milioni di volte. Che non significa, bene inteso, che la vedranno 40 milioni (e più) di abbonati. Ma che ci saranno 40 milioni di persone, con account, profili e più accessi, che la guarderanno. Magari si tratterà anche degli stessi spettatori, ma è un dato importante e, allo stesso tempo, impressionante. Dà un’idea più o meno precisa di quanto questa serie – passata un po’ in sordina, spinta più dal passaparola che dalla vera e propria pubblicità – sia riuscita a imporsi all’attenzione generale e a diventare a modo suo, e nei suoi tempi, un piccolo, grande fenomeno.
Nel cast di Sex Education ci sono Gillian Anderson, che interpreta Jean, una terapista del sesso, e Asa Butterfield, che interpreta Otis, figlio di Jean. Dopo l'incontro con Maeve (Emma Mackey), Otis decide di aprire una clinica nella sua scuola per consigliare i suoi compagni sul sesso.
La differenza con le altre serie tv
La differenza, forse, sta nel modo in cui Sex Education – e quindi i suoi personaggi e la sua storia – non si prende mai sul serio. Non troppo, almeno. Il protagonista, Otis (Asa Butterfield) è un adolescente. Sua mamma (Gillian Anderson) è una terapista del sesso. E lui, col sesso, ha problemi fin da quando era bambino. La prima cosa che veniamo a sapere è che, per esempio, che eccitarsi lo fa sentire strano, lo indispone. A scuola ha un solo amico: Eric, interpretato da Ncuti Gatwa. Poi un giorno, chissà come, chissà perché, dà una mano al bullo del liceo (Connor Swindells), e a notarlo c'è Maeve (Emma Mackey). Insieme decidono di aprire una clinica fai-da-te, dove danno consigli sul sesso ai loro compagni. Ma in Sex Education ci sono anche alcuni episodi – come quello sull’aborto, quello sull’omofobia o quell’altro, molto toccante, sul body shaming – che cambiano leggermente la rotta rispetto a quella tracciata dalla trama principale (pensata e scritta per gli adolescenti), e aggiungono qualcosa in più, qualcosa di diverso, alla serie.
Parlare di sesso in maniera intelligente
La parola d’ordine, ovviamente, resta sesso. C’è anche nel titolo. Ma è anche il modo in cui se ne parla, come la Nunn ha deciso di impostare tutta la narrazione, che è interessante. Prima di tutto: non c’è censura. Mai, in nessun caso. Seconda cosa: se ne parla intelligentemente, dicendo tutte le cose giuste. Terzo: nemmeno per un istante il sesso diventa una “giustificazione” narrativa. Una scorciatoia. C’è, ce n’è tanto, ma lo vediamo solo quando ce n’è veramente bisogno. Non tutte le puntate sono infarcite di nudi (alcune, anzi, non ne hanno affatto). E non tutti i dialoghi sono sul sesso. Ogni cosa torna lì, chiaro. Ma ci torna per altre strade, in altri modi, che permettono allo spettatore non solo di sentirsi a suo agio – il sesso, se trattato male, indispone moltissimo – ma anche di interessarsi ai vari personaggi, alla loro storia e a quello che stanno vivendo.
Gillian Anderson
Insieme ad Asa Butterfield, l’altra grande protagonista di Sex Education è Gillian Anderson. È l’adulta, quella che sa, che suggerisce, che fa tutti gli errori che fanno i genitori: troppo comprensiva, troppo presente, troppo asfissiante. Sa tutto di sesso, ma non sa parlarne con suo figlio. Pensa di dargli i giusti consigli e in realtà, pur non volendo, lo rende ansioso. Il paradosso è che in questa storia la parte della disincantata, di chi non vuole più amare, di chi preferisce rapporti occasionali a rapporti di lunga durata, la interpreta proprio la Anderson, ribaltando un po’ – un bel po’, anzi – il luogo comune che vuole i più giovani sempre più cinici e isolati. Lei, poi, è bravissima: riesce a tenere insieme le parti più difficili, a interpretare al meglio Jean, il suo personaggio e a fare un po’ da ago della bilancia in tutta questa esplosione ormonale.
Una teen series diversa dal solito
Sex Education è diversa dalle altre serie tv per adolescenti che sono state prodotte e distribuite ultimamente. Anche qui manca la fascinazione per i luoghi comuni, c’è una ricerca – diversa, più soft – di realismo e di un racconto il più credibile possibile. Ma il fatto che sia una comedy le permette di prendersi delle libertà, di essere più furba, più cauta, di altre serie. Insieme alla trama principale – il viaggio dell’adolescente verso la masturbazione – ce ne sono altre, più piccole, che parlano d’omosessualità (come la storia di Eric), di sessismo, di abusi, di abbandono, di body shaming e di aborto (l’episodio con Maeve è uno dei più commoventi dell’intera stagione). Quello che viene presentato allo spettatore, insomma, è un quadro completo, piuttosto ampio, dove ci sono picchi di estremo umorismo british e picchi, al contrario, di drammaticità. Si torna sempre lì, sempre al mantra del “non prendersi troppo sul serio”.
Tutto un po’ prevedibile, ma proprio per questo appassionante (SPOILER!)
Sappiamo abbastanza presto e abbastanza velocemente, come andrà a finire tra Maeve e Otis. Sappiamo che si piaceranno che lui si innamorerà di lei, che anche lei, che all’inizio voleva solo sfruttarlo per la loro clinica, s’innamorerà di lui e che, però, non riusciranno a stare insieme. Non subito almeno: per quello dovremo aspettare, se ci sarà, la seconda stagione. La cosa che però è interessante, accattivante e appassionante, è il modo – di nuovo – in cui questa storia ci viene presentata e raccontata. Sono le battute che vengono utilizzate per stemperare ogni situazione, che ci fanno ridere anche nei momenti più difficili; è la musica, stupenda, che riempie ogni scena, e sono anche le trovate registiche, così intelligenti e sperimentali, che rendono anche la scena in cui Otis finalmente si masturba “guardabili”. Niente di già visto, di piatto, ossessionato, morboso o ripetitivo. Sex Education ci porta fuori dai binari, lo fa continuamente. E lo fa nel modo più giusto: rendendo partecipe lo spettatore, non sminuendolo mai, non prendendolo mai giro, dicendogli che sì, queste cose succedono – o sono successe – a tutti, e che il sesso non è niente di cui vergognarsi, ma qualcosa che tutti dobbiamo imparare a fare e, soprattutto, imparare ad amare. Non c’è nessun obbligo, nessuna data di scadenza, e ogni momento, per il sesso, è il momento giusto.