Siete già innamorate di Harry Quebert? L’intervista a Patrick Dempsey

L'attore, il dottor Derek Shepherd in "Grey's Anatomy", è il protagonista della serie in onda su Canale 5 in cui interpreta uno scrittore tormentato. E molto affascinante

Patrick Dempsey in “La verità sul caso Harry Quebert”. La serie, girata in Canada e costata 37 milioni di euro, è tratta dal romanzo dello scrittore svizzero Joël Dicker, che ha venduto oltre 7 milioni di copie nel mondo
3 Settembre 2019 alle 16:22

Patrick Dempsey è tornato in tv. Chi lo ha amato con il camice del dottor Stranamore in “Grey’s Anatomy” non avrà certamente perso l’occasione di vederlo (e rivederlo nelle prossime settimane) nei panni di uno scrittore tormentato, dal passato torbido: il protagonista di “La verità sul caso Harry Quebert”, serie in 10 episodi in onda su Canale 5.

Nella storia, tratta dal bestseller omonimo di Joël Dicker (Bompiani), Dempsey è un professore di letteratura che è accusato dell’omicidio di una ragazza scomparsa tanti anni prima, con cui aveva avuto una relazione complicata.

Mister Dempsey, perché ha deciso di calarsi nel ruolo di Harry?
«Non appena ho visto il nome del regista Jean-Jacques Annaud sul copione ho accettato subito. Amando i suoi film, da “Il nome della rosa” a “Sette anni in Tibet”, ho pensato che lavorare con lui potesse essere una grande opportunità. Così ho preso il primo volo per incontrarlo a Parigi».

Il regista le ha chiesto qualcosa di speciale durante le riprese?
«Annaud lascia liberi anche di improvvisare sul set. E funziona. Con Ben Schnetzer ci sono bastati uno o due ciak per scena. Lui interpreta il giovane scrittore Marcus Goldman che indaga sul caso per scagionare Harry».

Harry è il mentore di Marcus, il suo professore. Fare l’insegnante, ma di recitazione, le piacerebbe?
«Sarebbe una sfida interessante. È bello condividere la propria esperienza con giovani particolarmente ricettivi. Mi è capitato con Alessandro Borghi girando la serie “Diavoli”. Tra noi è nata anche una bella amicizia». 

Dopo aver interpretato uno scrittore, potrebbe scrivere un libro?
«Ogni tanto scrivo degli appunti sulle sceneggiature. Ma metterli su carta sotto forma di libro è un’altra cosa...».

La serie è ambientata nella cittadina immaginaria di Sommerdale nello Stato americano del Maine.
«Sì, ma il set era in Canada, in Quebec. Non è troppo distante e nei paesaggi lo ricorda. Per me, che sono del Maine, è stato comodo: in meno di cinque ore di macchina potevo rientrare a casa».

Ma lei corre… è un pilota provetto.
«La mia Porsche è affidabile. Non la cambierei con nessun’altra auto».

Nel Maine si trova pure Cabot Cove, il paese fittizio de “La signora in giallo”. Lei ama Jessica Fletcher?
«Preferisco i gialli di Agatha Christie, sono cresciuto con quelli».

Torna spesso in Italia. C’è un posto dove si sente a casa qui da noi?
«Di recente sono stato a Firenze per affari. Ho comprato un’azienda di moda artigianale, la Ka/Noa. Da quelle parti, e in Svizzera dove ha diversi negozi, ora mi sentirò “a casa”».

Le capita anche in tv da Maria De Filippi, che l’ha ospitata spesso?
«(Ride). Un po’ tutta l’Italia mi è familiare: è così facile amare voi e il vostro stile di vita».

E noi amiamo lei. Anche con il trucco di scena che la invecchia un po’.
«Mi ha divertito giocare con il trucco, per avere un’aria più misteriosa».

Lei è romantico come nei suoi film? Qual è il segreto del suo matrimonio che dura da 20 anni?
«Ho tre figli e con mia moglie metto tutto l’impegno possibile. Poi bisogna mantenere gli interessi individuali: Jillian è una “make up artist” ed è importante che abbia una sua identità, separata dalla mia. Ci lavoriamo insieme anche in terapia di coppia, per crescere e migliorare come famiglia».

I suoi figli le danno mai consigli sulla carriera?
«Vorrebbero che facessi un film d’azione ogni tanto».

Dica la verità, non le manca un po’ il dottor Stranamore?
«No, anche se Derek Shepherd mi ha dato molta popolarità. E aver “studiato” medicina negli anni di “Grey’s Anatomy” è utile oggi se devo fare dei piccoli controlli in ospedale. Guardo i medici con altri occhi, da “collega”».

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