Drammatica e disturbante, la serie, già disponibile in streaming su Netflix, racconta un diabolico gioco di sopravvivenza
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“Squid Game” è la serie coreana che sta spopolando in streaming su Netflix, dove è disponibile dal 17 settembre. Parla di sopravvivenza e lo fa mettendo in scena un macabro gioco a cui sono chiamati a partecipare centinaia di uomini e donne che, non avendo nulla da perdere, sono disposti a mettere a repentaglio la propria vita con la speranza di migliorarla aggiudicandosi il ricco premio finale.
La trama
456 partecipanti per sei sessioni di gioco. Chi perde non viene semplicemente eliminato, ma ucciso. Al centro della serie ideata da Hwang Dong-hyuk (“The Fortress”) c’è Seong Gi-hun (Lee Jung-jae), un quarantenne disoccupato che vive con la madre malata, oppresso dai debiti a causa della sua dipendenza dalle scommesse, tediato dalla sfortuna, con una figlia che non può mantenere e che sta partendo per gli Stati Uniti con la madre e il patrigno, senza che lui ci possa far nulla. Quando gli viene offerta la possibilità di partecipare a un gioco da cui ricavare molti soldi, Seong Gi-hun ci vede una possibilità di soluzione e riscatto e accetta, anche se non sa a cosa sta andando incontro. Risvegliatosi in un luogo simile a una prigione, con diversi sorveglianti mascherati che regolano tutte le attività, l’uomo capisce che sono in tanti disperati come lui ad aver scelto di essere lì. La competizione può cominciare. Le sfide consistono in giochi per bambini celebri come “un, due, tre stella” o noti in Corea come “il gioco del calamaro”, all’apparenza semplici, ma in questo caso mortali, disputati in gigantesche arene allestite a tema.
“Squid Game” è un survivor game ambientato nella Seoul dei giorni nostri, dove persone comuni decidono di partecipare a una sfida pericolosa non tanto per ottenere ricchezze, quanto la soluzione a problemi reali come portare cibo a tavola, mantenere la propria famiglia, saldare debiti o permettersi cure mediche. Nonostante ci siano personaggi totalmente sgradevoli, come il criminale pronto ad attaccare briga con tutti, gli altri sono uomini e donne su cui non si riesce mai ad avere un’opinione definita: non possiamo fare a meno di giudicare le loro debolezze, ma anche provare tenerezza per loro, soprattutto quando si uniscono in una collaborazione che diventa simbolo di un’umanità e di un coraggio che vanno oltre la loro condizione. “Squid Game” è sotto diversi aspetti anche un gioco politico: più volte nella serie viene sottolineato come i partecipanti vivano lì una condizione di uguaglianza e democrazia che fuori non è concessa loro, vittime del privilegio e della prevaricazione sociale.
Il trailer
Il doppio concetto di sopravvivenza - quella nella vita reale e quella al gioco - viene raccontato in tutta la sua drammaticità e inaspettata violenza. In “Squid Game” scorre tanto sangue e nessuno viene risparmiato. Ma lo fa per propria scelta (non come in “Hunger Games”, per esempio). L’elemento originale e tragico della serie sta proprio in questo particolare narrativo: nessuno è lì perché costretto, ma perché è l’unico piano b che gli rimane.
Stilisticamente accattivante - dalle tute in stile “La casa di carta” dei sorveglianti, con tanto di forme geometriche disegnate sul volto coperto, alla scenografia dei vari giochi per l’infanzia che i partecipanti si trovano ad affrontare - “Squid Game” piace per il suo essere un dramma corale molto umano, nonostante sia anche davvero truculento.