Una storia potente che affronta temi attuali come misoginia, sessismo e diritti violati delle donne

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Il termine “distopico” mi fa venire l’orticaria. È stato quindi con scetticismo che ho iniziato a vedere “The handmaid’s tale”, serie ambientata in un cupo futuro (tutte le stagioni su TimVision, le prime due anche su Prime Video), tratta dal best seller di Margaret Atwood “Il racconto dell’ancella”. La storia all’inizio è respingente: negli Stati Uniti, a causa della natalità quasi azzerata, una setta prende il potere e sequestra le poche donne fertili per darle alle coppie dell’élite che non possono avere figli.
Addio emancipazione femminile, si ritorna al Medioevo dei diritti e della società. Ma poi la vicenda, raccontata dal punto di vista di June (la bravissima Elisabeth Moss), coinvolge e travolge. La sua apparente remissività nasconde infatti una forza enorme, quella che solo una madre può avere. Invece di lasciarsi sopraffare, combatte per ritrovare sua figlia, rapita e data in adozione. Una storia potente che affronta temi attuali come misoginia, sessismo e diritti violati delle donne, ma che ne esalta ancora di più lo sconfinato coraggio.