Gerard Way è un nome che potrebbe suonarvi familiare: è stato infatti il cantante dei My Chemical Romance dalla loro fondazione fino allo scioglimento, nel 2013. Non tutti però sanno che è anche uno scrittore di fumetti. È infatti l'autore dei fumetti di Umbrella Academy, di cui sta per arrivare un adattamento targato Netflix.
I fumetti, editi in Italia da BAO Publishing (sono stati pubblicati due volumi corrispondenti ad altrettante miniserie; il terzo uscirà nei prossimi mesi negli USA), sono disegnati da Gabriel Bá e raccontano la storia di sette supereroi nati nello stesso momento in diverse parti del mondo e in seguito adottati (e addestrati) dal miliardario Reginald Hargreeves.
La serie, che sarà disponibile su Netflix da venerdì 15 febbraio, conquisterà tutti con il suo mix di azione e introspezione, una colonna sonora che si sposa benissimo con la narrazione e, soprattutto, dei personaggi che non sono affatto i "soliti" eroi.
La trama
Primo ottobre, 1989. Esattamente a mezzogiorno, 43 donne in giro per il mondo partoriscono. E fin qui non ci sarebbe niente di strano, se non fosse un dettaglio: prima del parto, nessuna di loro aveva mostrato i segni di una gravidanza né sapeva di essere incinta. Reginald Hargreeves, eccentrico miliardario, si mette sulle tracce di quei bambini: ne trova e adotta sette, che cresce e addestra come supereroi nella sua Umbrella Academy. Ognuno di quei bambini - ad eccezione di una - sono infatti dotati di abilità fuori dal comune. Nel presente, i giorni da supereroi sembrano essere finiti per (quasi) tutti gli ex-membri dell’Umbrella Academy, che però si ritrovano di nuovo nella casa in cui sono cresciuti dopo l’improvvisa dipartita di Sir Hagreeves. Ma il mistero che circonda la morte del loro padre adottivo è nulla in confronto all’imminente apocalisse, che solo loro (forse) possono fermare.
Il cast
Tra i punti di forza della serie Netflix c’è certamente il cast, con attori che riescono a incarnare alla perfezione le loro controparti cartacee, un mix improbabile di diversi archetipi fumettistici con un twist introspettivo che riesce a renderli tridimensionali e al tempo stesso nuovi anche quando a un prima occhiata lo spettatore crede di averli già inquadrati.
Tom Hopper (Black Sails) è Numero Uno o semplicemente Luther, il classico eroe ligio al dovere e alle regole. David Castañeda è Numero Due (Diego), un eroe cupo à la Batman, in grado con i suoi coltelli di centrare qualunque bersaglio. Emmy Raver-Lampman (che finora ha avuto solo un paio di ruoli minori sul piccolo schermo, ma ha preso parte al musical Hamilton nel ruolo di Angelica Schuyler) è Numero Tre (Allison), che ha lasciato perdere la vita da supereroina per diventare un’attrice di successo grazie al suo potere, che le permette di piegare la volontà altrui grazie alle sue bugie.
Robert Sheehan di Misfits interpreta Numero Quattro (Klaus), un medium che si è dato alla tossicodipendenza perché gli stupefacenti gli permettono di non essere costantemente tormentato dagli spiriti dei morti. Aidan Gallagher è Numero Cinque, in grado di viaggiare nel tempo e nello spazio. Infine, Ellen Page (nel 2008 nominata all'Oscar come miglior attrice protagonista per Juno) è Numero Sette o semplicemente Vanja, l’unica tra i bambini adottati da Hargreeves a non aver manifestato abilità fuori dal comune, cosa che l’ha sempre resa emarginata e isolata all’interno della sua stessa famiglia.
Una famiglia disfunzionale
Il tentativo di scoprire la causa dell’apocalisse e fermarla in tempo è solo un aspetto di The Umbrella Academy (e non è nemmeno quello più importante). L’azione, i viaggi nel tempo e le sparatorie, infatti, abbelliscono quella che è prima di tutto la storia di una famiglia disfunzionale, con un padre intransigente e anaffettivo che ha cresciuto persone profondamente complessate e del tutto incapaci di rapportarsi gli uni con gli altri in una maniera sana e normale.
Dietro un tema tipicamente fumettistico e “da supereroi” c’è l’elaborazione tutt’altro che irrealistica di un lutto. Questa prima stagione di The Umbrella Academy segue i protagonisti in un momento in cui si trovano a scendere a patti con gli errori (e i tremendi metodi educativi) di un padre così ossessionato dalla salvezza del mondo da non premurarsi nemmeno di dare dei nomi ai figli adottivi, limitandosi a chiamarli per numero.
All’inizio della serie, i membri dell’Umbrella Academy sono come solisti che si ritrovano in un’orchestra e seguono ognuno la propria sintonia, senza riuscire a suonare in armonia: ognuno segue la sua strada senza cercare alcun punto di incontro con gli altri, e sono tutti così presi dai loro problemi che persino la minaccia di un’imminente apocalisse sembra essere in secondo piano.
Ciò che rende la nuova produzione Netflix una perfetta serie da binge-watching (nonché il motivo per cui finirete a parlarne con i vostri amici) è proprio l’ampio spazio dato all’introspezione di ognuno dei protagonisti, che riescono a crescere, maturare e venirsi incontro nello spazio di dieci episodi, anche tra un’imboscata e l’altra. Se in Hill House era l’atmosfera tipicamente horror a fare da contorno a un intenso dramma familiare, qui è un’atmosfera tipica dei cinecomics (e in generale dei fumetti di supereroi) a fare da sfondo alla storia di una famiglia disfunzionale che ricorda un po' i Tenenbaum di Wes Anderson.
Oltre il fumetto
The Umbrella Academy fa ciò che dovrebbe fare ogni adattamento televisivo di qualità: prendere il prodotto originale e ampliarlo, magari anche cambiando qualche dettaglio senza però tradirne lo spirito. Netflix lo ha già fatto con Una serie di sfortunati eventi e lo rifà adesso con questa nuova serie (di cui del resto Gerard Way e Gabriel Bá, autori del fumetto, sono produttori esecutivi).
Il mondo in cui si muovono i protagonisti è lo stesso (esattamente come il nostro, ma con qualche differenza per quanto riguarda la tecnologia), e loro hanno bene o male le stesse caratteristiche che hanno nel fumetto (c’è giusto qualche minuscola modifica ai loro poteri). Il formato televisivo però permette di approfondire l’introspezione di ognuno dei protagonisti, scandagliandone psicologia e background con un’attenzione ai dettagli che nella versione cartacea manca per ovvie questioni di spazio. Steve Blackman, showrunner e sceneggiatore, prende quello che di per sé è già un ottimo prodotto di partenza e lo perfeziona sul piccolo schermo, creando una serie che dal 15 febbraio sarà sulla bocca di tutti.