I segreti di “Beautiful” raccontati da Bradley Bell, autore e produttore della soap

«Papà e mamma dissero a noi figli che avremmo creato una nuova storia: da quel giorno bellissimo non ho più abbandonato la serie»

31 Marzo 2022 alle 08:36

Tutto cominciò con un consiglio di famiglia al grande tavolo della sala da pranzo. Genitori e figli di fronte a un progetto a cui lavorare tutti insieme: «Che dite, ce la possiamo fare?». La risposta fu “sì”. E “sì” è stato, visto che a quel tavolo, nel 1986, stava nascendo “Beautiful”, la soap di Canale 5 che pochi giorni fa ha compiuto 35 anni di messa in onda negli Stati Uniti (in Italia è arrivata dopo, nel 1990).

Il festeggiamento è stato triplo: un grande party sul set, una puntata speciale dedicata agli amori dell’eterna Brooke (Katherine Kelly Lang compone con John McCook, ovvero Eric Forrester, la coppia degli attori presenti fin dalla prima puntata) che in Italia verrà trasmessa tra un anno circa, e l’annuncio che la soap durerà altri due anni. “Almeno” due, visto che il suo successo non declina. Sorrisi si è fatto raccontare la magia di questi 35 anni di “Beautiful” da chi a quel tavolone c’era e non ha più abbandonato la serie: Bradley Bell, figlio dei creatori della soap William e Lee Phillip Bell, e oggi autore numero uno e produttore esecutivo della soap.

Bradley, torniamo nella sala da pranzo di casa Bell… Cosa ricorda?
«I miei avevano già creato “Febbre d’amore” per la rete televisiva Cbs, e la Cbs chiese loro una nuova storia, così ci fu questa riunione in cui papà e mamma dissero a noi figli che avremmo affrontato un’avventura tutti insieme: la creazione di “Beautiful”. Furono giorni unici, bellissimi, in cui ci scoprimmo davvero inseparabili».

Parliamo subito dei due “eterni” della soap, Katherine Kelly Lang e John McCook. Chi sono, per lei?
«Katherine è una forza positiva e trascinante: la sua energia continua a spingerci tutti. John è un vero patriarca, un uomo affascinante, capace di prendere tutti sotto la sua ala, una persona a cui tutti vogliono bene».

Come vede, invece, i loro personaggi Brooke ed Eric?
«Brooke è la perfetta eroina dal cuore d’oro. È una donna di potere e d’ambizione che vuol fare sempre la cosa giusta. Il successo di Eric viene dal suo talento e dal suo magnetismo: ha creato un impero e lo guida trionfando su tutto e tutti».

Dopo 35 anni, c’è un personaggio a cui è particolarmente legato?
«Oggi posso dire che mi affascinano tutti, perché ormai li sento carne della mia carne. Mi sembrano perfino reali».

Ogni personaggio di “Beautiful” è, di volta in volta, il buono e il cattivo. Ma è più divertente scrivere le storie per il buono o quelle per il cattivo?
«Io cerco di esporre fatti, situazioni: non voglio suggerire alcuna reazione al pubblico. Le sfumature dei personaggi affiorano da ciò che essi vogliono fare e dal rischio che sono disposti a correre per ottenere ciò che vogliono. E si sa che più rischiano, più ottengono».

Quante ore della sua giornata sono dedicate a “Beautiful”?
«I personaggi sono in perenne movimento nella mia testa, e mi “suggeriscono” idee quando meno me l’aspetto».

C’è un colpo di scena nella storia di “Beautiful” di cui va più fiero?
«Sono tanti, ma citerei l’inattesa evoluzione del personaggio di Stephanie (Susan Flannery). Nei giorni in cui già sapeva che le restava poco da vivere, si ritrovò a inseguire una ragazza che aveva raccolto un foulard che le era volato via. Pensava che fosse una ladra e invece scoprì che era una senzatetto e aveva bisogno del foulard per coprire il suo piccolino. Lì Stephanie capì che avrebbe usato quel po’ di vita che le restava per aiutare chi soffriva».

Un colpo di scena che trova “imbarazzante”, invece?
«Forse ho esagerato un po’ spesso… Penso a quando Bridget (Ashley Jones) iniziò a sentire “qualcosa” per Ridge (Ronn Moss), che fino a quel momento era stato per lei una figura paterna: mollammo quella storia molto presto… D’altra parte, è meglio spingersi troppo avanti, che non abbastanza avanti. La colpa più grande per un autore è aver paura di spingersi avanti».

Le regalo la collaborazione alla sceneggiatura di uno dei grandi nomi della letteratura mondiale di ogni tempo. Chi sceglie?
«Torno all’Ottocento e prendo il grande scrittore inglese Charles Dickens, il padre del romanzo a puntate. In fondo l’episodio speciale realizzato per i 35 anni di “Beautiful” si ispira un po’ al suo racconto “Canto di Natale”: Brooke sogna alcuni suoi passati grandi amori e riflette molto seriamente sulla sua vita».

La domanda più difficile: avete mai pensato a come sviluppare la storia di “Beautiful” per portarla a una conclusione definitiva?
«Qualche volta mi è passato per la mente, ma la mia costante sfida quotidiana è quella di trasformare la “fine” di ogni situazione nell’inizio di qualcos’altro».

Dopo 35 anni, “Beautiful” riesce ancora a sorprenderla?
«Sì. D’altra parte i personaggi sembrano ormai vivere di vita propria, come se avessero un cervello e dei pensieri tutti loro».

Tornerete a girare in Italia?
«Ci stiamo lavorando da un po’: aspettiamo solo il momento giusto».

Seguici