Pietro Genuardi: «Sono il Re delle soap e ne vado orgoglioso»

Dopo "Vivere" e "CentoVetrine", l'attore è il nuovo arrivato nel cast di "Il Paradiso delle signore"

Pietro Genuardi in "Il Paradiso delle signore"
31 Ottobre 2019 alle 09:15

Da due settimane "Il Paradiso delle signore" ha un nuovo capo magazziniere: Armando Ferraris, ex partigiano, comunista e sindacalista. Ha il volto di Pietro Genuardi che, per calarsi al meglio nella parte, è tornato con la memoria alla sua infanzia nella Milano degli Anni 60: «Ero piccolo e camminando in via Paolo Sarpi, mano nella mano con mia madre e mio padre, vedevo gli operai che andavano al lavoro in bicicletta. Mollette nei pantaloni, per impedire che questi si incastrassero nei raggi delle ruote, schiscetta (il contenitore per il pranzo, ndr) e basco in testa. Armando sarebbe potuto essere uno di loro».

Con "Il Paradiso delle signore", lei aggiunge nel suo curriculum la terza soap dopo "Vivere" e "CentoVetrine".
«Forse qualche mio collega storcerà il naso, ma lo considero un genere televisivo che non può essere snobbato. Pensiamo solo alla differenza tra imparare mezza pagina di sceneggiatura al giorno per una scena da ripetere decine e decine di volte, come accade sul set cinematografico, e lavorare con tempi così stringati da dover imparare a memoria anche cinquanta pagine al giorno come accade a me».

Quindi, meglio le soap del cinema?
«Diciamo che a chiunque piacerebbe essere il Marco Giallini della situazione. Poi, però, Marco mi chiama e mi dice: “Io ho fatto cinquanta film ma la mia compagna, quando ha sentito che stavo telefonando a te, non voleva crederci: “Ma dai, Genuardi, quello di CentoVetrine!”».

Ore e ore sul set ogni giorno per mesi o, il più delle volte, per anni: tra gli attori delle soap nasceranno simpatie, antipatie, amori…
«Anche amicizie. Al "Paradiso" ho ritrovato Vanessa Gravina e Roberto Farnesi con cui avevo lavorato a "CentoVetrine", ma anche Giorgio Lupano con cui avevo fatto "Sacrificio d’amore", una serie tv di Canale 5 del 2018. Mi hanno dimostrato tutti grande affetto».

Interpretando lo stesso personaggio per tanti anni non si rischia di identificarsi con lui?
«Direi di no, è pur sempre un lavoro. Il problema dell’identificazione può nascere, piuttosto, nel pubblico. Quando facevo "CentoVetrine", il mio personaggio, Ivan, era rimasto paralizzato e aveva subito un’operazione per tornare a camminare. Un giorno mi ha chiamato la madre di una ragazzina tredicenne che stava sulla carrozzina e si era convinta di poter nuovamente camminare con un’operazione simile».

Lei cosa ha fatto?
«L’unica cosa che potevo fare: ho preso il treno, sono andato a Isernia, dove abitava, e le ho spiegato che purtroppo si era trattato solo di una finzione. Non volevo fare lo psicologo, ma era una cosa doverosa. È stato commovente».

Tornando al "Paradiso", cosa si aspetta da questa nuova esperienza?
«Che vada avanti per un bel po’ di tempo. Quando hai la tranquillità economica puoi permetterti di lavorare anche su altre cose che ti interessano ma che sono meno remunerative».

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