Tutti a casa di Renzo Arbore: «Ho un clarinetto anche sullo zerbino»

L'artista ci invita nella sua (strabiliante) casa. E la prima puntata di “Ll’arte d’’o sole”, andata in onda il 12 giugno su Rai5, è stata vista da 450mila spettatori

Renzo Arbore nella sua cucina in stile brasiliano. I pappagalli di plastica ripetono le parole che sentono  Credit: © Iwan Palombi
13 Giugno 2019 alle 11:40

Varcare la soglia della casa di Renzo Arbore è come entrare nel mondo della fantasia. Superi lo zerbino, che ha un clarinetto disegnato sopra, metti un piede dentro e lo stupore ti si stampa automaticamente in viso.

Renzo, sornione, ti accoglie sorridente e colorato. Come tutto nel suo allegro regno: piatti, bicchieri, candele, copriletto, pareti, tende, divani... Un inno alla vivacità. Trovare una traccia di nero in questa casa è impossibile. «Renzo, ma lei un abito scuro ce l’ha?». «Sì, ma chissà dov’è finito…».

E intanto apre le ante degli armadi. Anche lì gilet, giacche, camicie, cappelli di tutti i colori e fantasie. «Le mie preferite sono queste di seta Anni 30 con i motivi déco» racconta mostrandoci alcune cravatte. Si accomoda sul grande divano con i cuscini, ricordo di un viaggio in Brasile, e spiega: «Non fumo, non gioco, non ho vizi e quando vado in giro per il mondo la mia debolezza è questa: sono irresistibilmente attratto dai prodotti della fantasia e della creatività. E non posso fare a meno di tornare a casa con souvenir, che poi alimentano la mia collezione di oggetti di plastica. In aereo, al rientro, imbarco di tutto…». E quando dice di tutto intende proprio di tutto: lampade, quadri, stampe, corni portafortuna, orologi, statuette, miniature, radio, tende, orologi a cucù, distributori di caramelle e finti pappagalli che arrivano da ogni angolo del pianeta.

«Vuole assaggiare? Li ho presi a Honolulu». Apre una scatola e mi offre dei biscotti a forma di albero di Natale. «Credo che uno dei segreti dell’affetto della gente sia proprio il fatto che riconosce in me l’essere rimasto un po’ bambino, con lo stupore davanti alle cose della vita, il sorriso e la voglia di pensare al futuro». L’occasione del nostro incontro è il nuovo programma (ma ce ne sono altri che vedete sotto) che Renzo Arbore porta in tv su Rai 5 dal 12 giugno, “Ll’arte d’ ‘o sole”. Il racconto di 28 anni di collaborazione con la sua Orchestra italiana.

Grande successo per **“Ll’arte d’’o sole”**

La prima puntata di “Ll’arte d’’o sole”, andata in onda il 12 giugno su Rai5, è stata vista da 450mila spettatori, con uno share del 2,1 per cento.

«E’ stata un'altra serata di grande tv quella che ci ha regalato uno straordinario Arbore» ha detto il direttore di Rai Cultura Silvia Calandrelli «e il pubblico ha premiato un programma che è un atto di amore per Napoli e per la canzone napoletana, capace di superare ogni confine, ma che è anche un’ulteriore prova dell’arte di Renzo, capace di continuare a regalare emozioni. A lui il mio grazie per la sua tv di qualità che fa concretamente cultura».

Renzo, un artista con decenni di carriera alle spalle come lei sente sempre l’emozione del debutto?
«Sì, certo. I debutti sono sempre importanti, ma l’orchestra è super rodata. Sono 28 anni di vita insieme e per noi salire sul palco è una festa. C’è piuttosto l’impazienza di far vedere al pubblico come siamo bravi… adesso».

Come sarà questo programma?
«È ambientato nello stesso studio e con la stessa meravigliosa scenografia, firmata Cappellini e Licheri, di “Guarda… stupisci”. È una scorpacciata di canzoni napoletane. Rimarrete con la bocca aperta nel vedere alcune immagini dei 1.500 concerti che con l’Orchestra italiana abbiamo fatto in giro per il mondo: dalla Piazza Rossa di Mosca al Radio City Music Hall di New York fino al Sambodromo di Rio de Janeiro in Brasile. Con me in studio c’è l’attore napoletano Maurizio Casagrande che recita le canzoni per far capire i testi anche a quelli del Nord (ride). Mentre io racconto gli aneddoti legati ai vari brani».

Come nasce il suo grande amore per le canzoni napoletane?
«Quando ero bambino le ascoltavo alla finestra dai muratori che cantavano mentre ricostruivano le case bombardate. Non solo. Facevano parte del patrimonio culturale di mio padre e di mia madre, che le suonava al pianoforte. Alla radio allora si trasmettevano indifferentemente le canzoni napoletane e quelle italiane. Ricordo che ero innamorato della voce di Domenico Modugno e di Roberto Murolo, e di queste canzoni sentimentali dai testi appassionati e originali. Vere e proprie poesie. La canzone napoletana è un patrimonio dell’umanità e stiamo sollecitando l’Unesco perché la dichiari tale. E con l’Orchestra italiana questo patrimonio lo stiamo portando, con grande successo, in giro per il mondo da quasi trent’anni (la prima tappa del tour estivo è l’11 luglio a Napoli, all’Arena Flegrea, ndr)».

Qual è il brano che più degli altri accende il pubblico, anche quello più lontano?
«“‘O sole mio” è attesissima in ogni parte del pianeta, ma noi la facciamo in una versione “crepuscolare” perché è una serenata».

Ha ricordi curiosi dei concerti?
«Il pubblico orientale impazzisce per il suono dei mandolini. In Giappone sono oltre un milione i suonatori di questo strumento. Per la data a Tokyo telefonammo a una scuola di mandolini e chiedemmo: “Ci mandate qualche mandolinista per farlo suonare con i nostri?”. Ce ne proposero 700!».

Il concerto più difficile?
«A Mosca, sulla Piazza Rossa. Il regime si stava sgretolando e c’era questa idea di libertà e allo stesso tempo la voglia di guadagnare su tutto. Ci volle l’abilità di Adriano Aragozzini, che era il nostro impresario, per riuscire a portare a termine quello che sarebbe stato il primo concerto occidentale fatto sulla Piazza Rossa dopo la caduta del regime. Eravamo pure in collegamento con “Domenica in”».

Quello più divertente?
«Moltissimi. È stato bello suonare nel Sambodromo di Rio de Janeiro: siamo l’unica orchestra non brasiliana che si è esibita lì dentro. Mi sono gustato i ballerini delle scuole di samba ballare “Cacao meravigliao” pensando che fosse una canzone brasiliana. Ricordo che suonavamo in mezzo alla folla e per l’entusiasmo suonavo il tamburello con così tanta foga che alla fine mi sono accorto che avevo le mani sanguinanti».

Lei ha scoperto tanti personaggi dello spettacolo.
«Sì, sono un centinaio».

Roberto Benigni, per citarne uno.
«Con Roberto mi feci la risata più travolgente della mia vita. Ai tempi di “L’altra domenica” facevamo un collegamento da casa mia e improvvisando è venuta fuori una gag che mi ha fatto morire dal ridere, sono proprio finito per terra! Peccato che non sia mai andata in onda perché il tema della gag era una parolaccia!».

Continuerà a scoprire talenti?
«Certo. Sto studiando un nuovo programma, di cui parlai già tempo fa con la Rai, per riuscire a coniugare il web con le reti generaliste. La mia esperienza nasce da Renzoarborechannel.tv, che è stata la prima web tv in Italia, dove tra l’altro ho proprio una sezione per scoprire giovani talentuosi».

E com’è il programma che ha in mente?
«Nasce dalla considerazione che i ragazzi ormai guardano la Rete, mentre gli adulti della tv generalista sul web ci vanno poco. Ed è un peccato, perché la Rete è come una meravigliosa enciclopedia, uno scrigno prezioso che va scoperto. Poi non posso entrare nel dettaglio altrimenti finisce che mi copiano l’idea… (ride)».

In televisione si fa in tre

Sono ben tre gli appuntamenti televisivi con Renzo Arbore. Si parte con il nuovo programma “Ll’arte d’ ‘o sole” su Rai 5. Si prosegue con Raidue prima con un meglio di “Guarda... stupisci” e poi con la messa in onda di un concerto che Arbore e l’Orchestra italiana hanno tenuto al Teatro Regio di Parma qualche anno fa.

  • "Ll’arte d’ ‘o sole" - Rai 5 - da mercoledì 12 ore 21.15
  • "L’alfabeto di guarda...stupisci" - Raidue - lunedì 17 ore 23.05
  • "Io faccio ‘o show" - Raidue - lunedì 24 ore 23.30
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