Umberto Broccoli, il professore ospite fisso a “I fatti vostri”

Il professore racconta come si diventa una sorta di “enciclopedia vivente”

Umberto Broccoli
26 Aprile 2021 alle 08:55

Gli chiedi: «Professore, come va?» e lui ti risponde con un sorriso: «Di incanto». Dietro a quell’aria un po’ da intellettuale con gli occhiali tondi posati sul naso e il suo sapere enciclopedico, Umberto Broccoli sfodera ironia, battute e una simpatia irresistibile. A “I fatti vostri” parla ogni giorno di musica, poesia e costume. Ma anche di storia del nostro Paese, politica, informazione e cinema, con competenza e con la giusta leggerezza. Non a caso, i suoi spazi sono seguitissimi dal pubblico.

Professore, lei ha sempre una risposta per tutto: come si diventa una enciclopedia vivente?
«Io non mi sono mai preso sul serio e più che una enciclopedia vivente sono una voce dell’enciclopedia, e già questa cosa mi mette ansia... (ride)».

Un segreto ci sarà. Lei si è laureato a 21 anni e l’anno dopo insegnava già all’università. È archeologo, è stato Sovrintendente ai Beni culturali di Roma, ha studiato l’etrusco e l’egiziano antico, insegna Storia del cinema alla Scuola di alta formazione dei Beni culturali, ha tante pubblicazioni. Ha persino trovato la tomba di sant’Aurea a Ostia Antica, una scoperta archeologica incredibile...
«Forse la risposta giusta è: io sono un dilettante. Nel senso che mi sono sempre dilettato di quello che ho fatto. L’archeologo, lo scrittore, lo storico, programmi in tv e in radio».

Da ragazzo era un “secchione”?
«Macché. Avevo tutti 6 e 8 in condotta. Perché ero pure indisciplinato e mai attento alle lezioni. Il mio migliore amico, Claudio, prendeva appunti per tutti e due. Era sempre al banco dietro al mio così riusciva a suggerire e a passarmi i compiti».

La materia preferita?
«Chimica inorganica, dove riuscii a prendere 9. Sono della generazione della Luna e mi era presa la fissa per i missili. Come funziona un missile potrei dirglielo anche ora (ride)».

Allora prego.
«L’ossigeno liquido e l’idrogeno liquido nella camera di combustione prendono fuoco e... creano il propellente».

La materia in cui andava peggio?
«La matematica. Lì proprio non mi parte il cervello. Avevo 6 solo grazie a Claudio, il mio amico. E poi mi aiutavano i meriti sportivi perché giocavo a pallavolo».

Lei non si direbbe un tipo da 8 in condotta...
«Eccome! Facevo scherzi, scrivevo poesiole in versi ottonari e le recitavo in classe durante le lezioni».

Un esempio di verso ottonario?
«“Come mai non siamo in otto? Perché manca Lancillotto” (ride). Agli endecasillabi sono arrivato dopo!».

Ha fatto il liceo classico?
«Sì, al Tasso. Come compagni di scuola avevo Paolo Mieli, Paolo Gentiloni, Walter Veltroni. Gentiloni giocava a pallavolo: erano epiche le finali del torneo interno tra la 3a F, la mia, e la 3a D, la sua».

Chi era più bravo?
«Beh, lui non era un granché come pallavolista (ride). Ricordo invece che Veltroni organizzava il Cineforum e si lamentava per la nostra scarsa partecipazione...».

Ha parlato di meriti sportivi...
«Ho cominciato a giocare a pallavolo nel 1968 e ho smesso nel 1986 a causa di un incidente. Mi divertivo. Ero nella Lazio, in Serie A, e sono pure arrivato a giocare nella Nazionale giovanile nel 1972. Sui campi di pallavolo è nata una bella amicizia con Giancarlo Scheri (direttore di Canale 5, ndr), eravamo spesso avversari, lui giocava nella Roma».

Torniamo a oggi: quanti libri ha in casa?
«Tanti. Saranno circa 25 mila, dai classici ai romanzi».

Quante ore al giorno dedica alla lettura?
«Io leggo sempre. Dovunque. Il tablet me lo porto sempre dietro. Sono analfabeta dal punto di vista informatico, ma meno male che esistono i nuovi strumenti tecnologici, mi aiutano ad approfondire nel mio lavoro di ricercatore. Quando leggo ho bisogno di silenzio, ma per scrivere metto la musica in cuffia e vado come un treno».

In tv si ricorda tutto: date, nomi, eventi.
«Vado a braccio e ho una buona memoria. Se vuole le declamo una cantica di Dante...».

Prego. Ma non legga eh?
«Ma no (ride), la conosco a memoria! “O frati, dissi, che per cento milia perigli siete giunti a l’occidente, a questa tanto picciola vigilia de’ nostri sensi ch’è del rimanente, non vogliate negar l’esperienza, di retro al sol, del mondo sanza gente...” (Divina Commedia, Inferno, canto XXVI, ndr)».

Da ragazzo ha mai pensato di partecipare a un quiz in tv?
«Sinceramente no. Quello è nozionismo e confligge con le cose che faccio, io credo a una cultura più universale. E i quiz non mi hanno proprio mai appassionato».

Da bambino cosa sognava di fare da grande?
«Il pilota d’aereo militare».

Ha invece preso un’altra strada. D’altronde grazie a suo papà Bruno, storico autore televisivo, è cresciuto respirando il mondo della televisione...
«Uno dei miei primi ricordi risale al 1958. Domenico Modugno viene a casa, prende la chitarra e inizia a suonare e a cantare: “È giunta mezzanotte, si spengono i rumori...”. Allora, come fai a pensare di fare il pilota di aerei militari quando a 4 anni hai Domenico Modugno che davanti a te, a casa tua, canta “Vecchio frac”?».

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