Valerio Staffelli racconta i suoi 20 anni di «tapiri»

L'intervista e il video esclusivo con l'inviato di «Striscia la Notizia»

Valerio Staffelli  Credit: © Pigi Cipelli
26 Febbraio 2016 alle 10:51

Siòr Staffelli, «ma come la va»?
«Benissimo! Sono contento. Faccio un lavoro che mi diverte, al giorno d’oggi è una rarità».

Valerio Staffelli, uno dei volti più noti di «Striscia la notizia», cammina in pieno centro a Milano. Camminare non è proprio il verbo adatto. La gente lo ferma, vuole toccare il tapiro, i ragazzini in gita scolastica fanno perdere la pazienza alle professoresse, le commesse escono dai negozi per scattarsi una foto ricordo, i turisti stranieri chiedono chi sia.

Tutti meritano un tapiro?
«Tutti vogliono un tapiro, dopo 20 anni è diventato un oggetto di culto. Me ne resi conto quando Romano Prodi ne volle uno per la casa di Roma, oltre che per quella di Bologna».

Chi sceglie la motivazione per cui si assegna un tapiro?
«Chiunque. Il tapiro può essere segnalato dal telespettatore, da uno degli autori di “Striscia”, da me, dalla mia famiglia. La decisione finale, comunque, è di Antonio Ricci (l’ideatore del programma, ndr). “Striscia” è una trasmissione fatta per la gente e dalla gente, dà voce a chi non ce l’ha».

Quanti chilometri percorre ogni anno per consegnare i tapiri?
«Circa 100 mila. Viaggiamo quasi sempre con auto e moto, i mezzi più versatili e veloci, adatti a portare microfono, telecamere, valigie».

Il tapiro consegnato più lontano?
«Per quanto mi riguarda è stato quando sono andato in Inghilterra da Mario Balotelli per i comportamenti “bizzarri” che aveva quando giocava a Manchester. Poi sono stato anche in Germania per il caso Volkswagen e in Spagna dal pilota Marc Márquez. Ma il tapiro che ha percorso più chilometri è stato quello consegnato ad Al Bano nella Repubblica Dominicana durante la terza edizione de “L’isola dei famosi”: 8.000 chilometri».

Come si fa a viaggiare in incognito?
«Bisogna sapersi nascondere bene, fare un lavoro di “intelligence” per lasciare l’attapirato a bocca aperta. Siamo dei cialtroni professionisti per conto terzi».


Ma quanti tapiri ha consegnato?
«Una media di 75 servizi l’anno, di cui circa 60 tapiri e 15 inchieste. A occhio e croce 1.500 tapiri. All’Inter ne abbiamo dati 12, al Milan 20».

La stagione più prolifica?
«Questa. Per ora ci sono numeri entusiasmanti».

Chi è il più grande collezionista di tapiri?
«Il numero uno è Fiorello, ne ha 21. L’ultimo l’ha voluto per il gusto di sorpassare Belen che era arrivata a 20».

Fiorello e Belen sono popolarissimi: il successo del tapiro equivale a quello del personaggio?
«Aiuta. Il personaggio è un richiamo, ma anche la notizia, l’argomento, è altrettanto importante. Quest’anno il tapiro che ha fatto più ascolto è stato quello di Maurizio Sarri, l’allenatore del Napoli, per la lite con Roberto Mancini».

Quest’anno festeggia 20 anni a «Striscia». Immaginava di farne tanti?
«Vent’anni fa non lo avrei mai immaginato, anche se il lavoro mi piacque subito. Antonio (Ricci, ndr) era una persona dinamica e geniale, faceva battute, parlava la mia lingua».

Anche Bruno Vespa festeggia 20 anni di «Porta a Porta».
«Io non potrei mai stare in uno studio, aspettare gli ospiti, chiacchierare. È noioso. Magari in futuro. In questo momento mi vedo ancora per strada a divertirmi, con l’adrenalina e l’emozione».

Cosa serve per resistere 20 anni a «Striscia»?
«Poco, se ti piace fare questo mestiere».

La qualità più richiesta?
«La faccia di bronzo. Non devi avere vergogna, devi buttarti in situazioni incredibili. Un giorno parli con il presidente del Consiglio, il giorno dopo con un truffatore o con un calciatore».

Che differenza c’è fra tenacia e insistenza?
«La linea di demarcazione è sottile. Io pongo una domanda con educazione, una, due, tre volte, poi uno è libero di andare per la sua strada. Sono tenace, ma la mia non è una persecuzione».

Non molla finché non consegna il tapiro?
«La consegna la faccio sempre, uno lo può prendere o no. Rispondere o no. Anche il silenzio a volte è rumoroso».

La volta che ha mollato?
«Mai, neanche con la dissenteria davanti a casa di Adriano Celentano. L’obiettivo era così importante che andai in un bagno della stazione e tornai davanti a casa sua finché lui non uscì».

E quanti hanno risposto con le botte?
«Adesso siamo nella fase minacce: “Ti accoltello”, “Ti sparo”. Le botte arrivano quando meno te lo aspetti dalle persone che in quel momento perdono la brocca e reagiscono. Può accadere».

Poi si scusano?
«Mai. Alla fine sono tutti molto orgogliosi. Oppure pensano che le domande scomode giustifichino la reazione».

Ha mai chiesto scusa a qualcuno?
«No. Perché io non accuso nessuno. Mi pongo sempre in forma dubitativa e con il sorriso sulle labbra».

Almeno si è assicurato per gli infortuni sul lavoro?
«Credo di essere uno degli uomini più assicurati d’Italia».

Quanto costa assicurare Staffelli?
«Mi gioco gran parte dello stipendio. Sono assicurato per infortunio, invalidità, botte, ospedale... tutto».

Tornando indietro farebbe...
«Nient’altro. È un mestiere cucito in maniera sartoriale sul mio carattere, io sono un giocherellone. Ero così anche a scuola, mi divertiva ridere e far ridere».

A scuola come andava?
«Non mi piaceva tanto, non avevo trovato le materie adatte, altre cose mi entusiasmavano di più. Quando avevo 18 anni facevo il dj e la musica era la mia vita».

Il suo diploma in ragioneria le è mai servito?
«Zero. La mia scuola è stata “Striscia”, poi leggere i giornali, guardare i telegiornali, andare su Internet. La mia vera laurea è stata fare un programma che si occupa di attualità».

Chi è la persona più attapirata che conosce?
«La mia nuova segretaria. Non si è ancora resa conto di come si faccia a gestire il mio mondo».

Dia un tapiro al premier Renzi.
«Impossibile. Ha una scorta di dieci persone che non permette di avvicinarlo. Ho provato per la storia dei Rolex (ricevuti in dono durante la visita in Arabia Saudita, ndr) ma ci hanno tenuti alla larga».

E ora uno ad Antonio Ricci.
«Per aver preso Staffelli...».

Si dia, infine, un tapiro da solo.
«Mia figlia Rebecca dice che merito un tapiro perché ai fornelli sono un disastro. Per fortuna mia moglie è figlia di una chef e compensa».

Seguici